A cosa serve, oggi, l’Insegnante? Quale potrebbe essere il suo ruolo nel prossimo futuro?
Recentemente, ospiti della Fondazione Golinelli, abbiamo incontrato 110 insegnanti provenienti da tutta Italia. Due ore di webinar per proporre la nostra visione dell’insegnante come facilitatore. Abbiamo raccontato la nostra idea ben consci di essere in un momento delicato per la società e per la scuola.
Siamo al termine di un anno scolastico in cui l’aula, da contenitore fisico in cui prendono forma esperienze individuali e collettive, si è trasformata in un ambiente virtuale.Vecchie e consolidate abitudini hanno lasciato spazio a nuovi comportamenti e – coerentemente – le esperienze vissute da insegnanti e studenti hanno assunto forme nuove.
Potrà sembrare sorprendente, ma non abbiamo parlato di piattaforme di apprendimento o di tool, bensì del potere delle conversazioni. Immaginare il futuro dell’insegnamento parlando di piattaforme sarebbe stato come discutere di un viaggio parlando di mezzi di trasporto anziché della destinazione.
Il sapere è già in gran parte accessibile online, a portata di clic, e sempre più lo sarà. Da sempre identifichiamo l’insegnante come chi trasmette e custodisce il sapere, e, quindi, identifichiamo l’insegnamento con i contenuti che l’insegnante possiede e trasmette. È una immagine distorta, che limita e svilisce il ruolo dell’insegnante a qualcosa che possiamo gestire senza interazione umana e personale.
Se guardiamo con più attenzione, allargando lo sguardo, ci accorgiamo che l’insegnamento prende forma in una relazione tra insegnanti e studenti, e che questi ultimi sono coinvolti in prima persona in numerose attività.
Come facilitare questa relazione per favorire l’apprendimento?
Nel corso dell’incontro abbiamo suggerito una prospettiva che definisce nuovi ruoli chiave dell’insegnante:
- Essere una guida per lo sviluppo di autonomia e responsabilità degli studenti, consentendo loro di “imparare ad imparare”;
- Concentrarsi sulla progettazione dei contesti di apprendimento più che sui contenuti;
- Gestire in modo efficace e partecipativo interazioni complesse e situazioni conflittuali.
La trasmissione di un sapere facilmente accessibile e destinato a invecchiare sempre più velocemente, deve lasciare il posto a competenze che mettano gli studenti in condizioni di “imparare a imparare”. Qui entra in gioco il ruolo dell’insegnante come facilitatore.
Cosa vuol dire svolgere il ruolo di facilitatore in aula?
Divenire Facilitatore, per l’insegnante significa:
- Diventare un catalizzatore della collaborazione fra studenti;
- Guidare il gruppo ad accogliere la diversità, gestire i conflitti e raggiungere il consenso;
- Fare emergere idee e conoscenza;
- Costruire un approccio di progettazione condivisa con gli altri insegnanti.
Il vantaggio di condurre l’aula nelle vesti di facilitatore, si concretizza nell’emersione di nuova conoscenza attraverso il dialogo interno al gruppo. Il nostro mondo sta prepotentemente tornando a essere un luogo da esplorare, essenzialmente nella dimensione del contesto in cui siamo immersi: una esplorazione che porti all’emergere di nuovo significato e dia modo alla nostre comunità e alla società di prosperare nell’incertezza. La scuola non può più raccontare agli studenti quale mondo li aspetta, ma può fornire i mezzi per interpretare il presente, intercettare i segnali di cambiamento e le opportunità del futuro.
In questo quadro, le materie, il sapere umanistico, scientifico, tecnico, non vengono messi da parte, affatto.
La Facilitazione dell’apprendimento si concretizza nel fare buone domande agli studenti sul lavoro che hanno fatto o stanno facendo e – fondamentale – nel creare un clima di fiducia che porti a trasformare l’aula in un ambiente protetto in cui tutti possano sentirsi liberi di esprimere le proprie idee.
Il metodo più semplice per facilitare l’apprendimento è chiedere agli studenti – impegnati a risolvere un problema o a formulare un concetto – di pensare ad alta voce.
Si tratti di concetti astratti, piuttosto che di esperimenti, facilitare comporta una particolare attenzione all’osservazione, la riflessione e l’interpretazione da parte degli studenti, e richiede un processo che li porti a scegliere, a decidere, a fare il passaggio successivo al fine di incrementare la conoscenza.
L’approccio del facilitatore riflette perfettamente quello dell’Apprendimento Esperienziale, introdotto da Kolb attraverso il ben noto Ciclo:
In futuro avremo sempre più bisogno di apprendere in maniera esperienziale, e la facilitazione avrà un ruolo sempre più importante nell’Insegnamento. L’insegnante dovrà perciò sviluppare la capacità di ascoltare e di fare le giuste domande, per la progettazione e la gestione di interazioni e conversazioni.
Le sfide della complessità richiedono cooperazione, ed è la cultura della cooperazione che la Scuola dovrà sempre più coltivare, lasciandosi alle spalle quella della competizione.
Attraverso la facilitazione, l’insegnante non solo avrà modo di favorire l’apprendimento e l’emersione di nuova conoscenza, ma doterà il gruppo di un alfabeto nuovo, più ricco, per le mutue interazioni. Questo alfabeto permetterà agli studenti e agli insegnanti di sviluppare la conoscenza condivisa necessaria a navigare il futuro, sentendosi parte di una comunità.
Questo cambiamento di paradigma permetterà alla Scuola di assolvere meglio al suo compito istituzionale di educare e formare. Come tutte le Istituzioni, la Scuola è un’organizzazione caratterizzata da macrostrutture (definizione di ruoli, regole, programmi, processi, strategie).
Come ci hanno mostrato le tante riforme proposte negli ultimi anni, pensare di incidere sul ruolo e sui risultati attraverso l’intervento sulle macrostrutture comporta fatica, scarsamente ripagata, e relega in una posizione marginale i suoi veri protagonisti, cioè gli insegnanti e gli studenti.
La Scuola sarà capace di adattarsi a un mondo che cambia se e solo se – a partire da questi protagonisti – saprà trovare un alfabeto utile a descrivere la realtà emergente, modificandone la cultura una conversazione alla volta. Nuovi comportamenti, nuove interazioni (microstrutture) – improntati all’ascolto, alla cooperazione, all’esplorazione del senso della realtà che ci circonda – saranno la chiave di un futuro che, come tutti amiamo pensare, si comincia a costruire nelle aule delle scuole.